Verso un welfare collaborativo

posted on ottobre 31st 2017 in Featured & News with 0 Comments

Cosa significa “pubblica utilità”, questo è l’ambizioso ambito in cui si colloca la ricerca realizzata congiuntamente da Ipsos e Fondazione Symbola. Cosa pensano i cittadini e le cittadine e quali sono i servizi offerti e quali quelli non ancora offerti ma necessari per rispondere ai nuovi bisogni della nostra società, e ancora, che valutazioni e valore vi vengono attribuiti.

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Le trasformazioni che stanno interessando la cultura, la società e il ruolo dello Stato sollecitano la costruzione di un modello di pubblica utilità che va oltre il confine dei servizi erogati dalla sola pubblica amministrazione. Cambiamenti del nostro fare nel presente che già oggi hanno aperto il campo a tante sperimentazioni che punteggiano l’Italia creando una vera e propria mappa del futuro, che la ricerca di Ipsos e Fondazione Symbola vuole mettere in luce.

Gli attori coinvolti nella ricerca sono le imprese (possono offrire servizi di pubblica utilità), le imprese cooperative (nel loro dna hanno la funzione pubblica tradotta attraverso i principi del mutualismo), il terzo settore (il volontariato, l’associazionismo, le fondazioni e le imprese sociali), i cittadini organizzati (nuova generazione di civismo), la pubblica amministrazione (eroga i servizi ai cittadini).

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Il cantiere è aperto, come dimostrano le venti storie presentate nel documento. Tante storie che ci raccontano un’Italia lontana dai luoghi comuni e dai riflettori. WeMake è una di queste storie grazie alla nostra ricerca di soluzioni sì tecnologiche, ma non lontane dagli utenti o asettiche. Soluzioni che consentono di customizzare ausili e servizi ad esempio nel campo del “nuovo concetto” di welfare che la nostra società necessita. Un protagonismo creativo, interessato, condiviso dei portatori di interesse. I fablab possono essere i laboratori di una piccola rivoluzione iniziata grazie ai e alle maker che costituiscono comunità in continua evoluzione nelle nostre città che tendono a diventare sempre più smart.

Noi viviamo nella città che il nuovo rapporto ICity Lab ha appena definito come la più smart d’Italia. Un concetto che loro stessi hanno spiegato essere in continua evoluzione così come sono in evoluzione i diversi parametri su cui vengono stilate le tante statistiche che vengono proposte nei più diversi campi. A WeMake, forse perché siamo una piccola comunità, si parte dalle persone, spesso dei singoli casi che poi possono diventare esempio per altre sperimentazioni di soluzioni.

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Pensiamo ai progetti unici come quello di Antonino Cotroneo, maker ipovedente che ha portato a WeMake un altro ingegnere cieco, Giulio Berretta, che insegna materie scientifiche e ha costruito uno strumento (Voice Instruments) in grado di farlo lavorare tranquillamente in laboratorio, ma non solo. Pensiamo a Open Rampette, un’iniziativa pilota per il miglioramento dell’accessibilità degli esercizi commerciali da parte di chi deve accedere tramite rampa o scivolo. Pensiamo al progetto europeo opencare che accoglie i bisogni di cura, coprogetta le possibili soluzioni con i cittadini/e e realizza prototipi open, condividendoli con le comunità, oppure al progetto Grippos.

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