Inventare per imparare: così il mio Fablab cambia il mondo della scuola

posted on ottobre 15th 2015 in Educational with 0 Comments

Pensare a nuove soluzioni e renderle concretamente attuabili e diffuse non è un compito semplice. Per anni si è guardato con ammirazione e curiosità ai gruppi di lavoro dei team di Ricerca&Sviluppo presenti nelle grandi aziende, catalizzatori di talenti e in grado di investire risorse nell’individuare percorsi attuabili e soprattutto profittevoli. Oggi sono poche le aziende e le istituzioni che riescono a tenere il passo perché forte è la domanda di innovazione e soprattutto diverso e articolato è il percorso per raggiungerla.

Il 17 giugno scorso in occasione dell’Innovation Week organizzata da Edison in collaborazione con Wired, ho partecipato al tavolo di discussione dal titolo “Digital Culture: cultura e competenze digitali tra formazione, impresa e lavoro” per condividere il punto di vista sull’impatto di fablab e makerspace nella formazione.

Il dibattito è partito dall’assunto condiviso che garantire l’accesso alle tecnologie oggi e fornire ai cittadini gli strumenti per la diffusione e l’apprendimento delle competenze digitali è una necessità irrinunciabile.
Tutti sappiamo che l’Italia si trova agli ultimi posti della graduatoria europea in alfabetizzazione digitale e l’obiettivo del tavolo di discussione consisteva nel capire quali azioni, operative e strategiche, fosse possibile avviare per invertire la rotta e facilitare lo sviluppo di pratiche e tecnologie che avrebbero significative e positive ricadute in tutto il territorio.

L’impresa non è delle più facili, Oggi infatti credo sia necessario parlare di innovazione diffusa perché non si tratta di un affare per pochi: la capacità di guardare con occhi diversi e modificare ciò che ci circonda è diventata un’esigenza di cittadinanza e quindi la sfida è culturale. Finora l’approccio tecnologico è sempre stato inquadrato come percorso formativo specializzato, per qualcuno ma non per tutti. oggi è necessario farlo diventare una ricetta da cucinare ogni giorno, composta da ingredienti e life skills come il pensiero critico, la capacità di analisi e di lavorare in gruppo.

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L’apporto che ho cercato di portare nella conversazione insieme ad altri “esperti”, nel pomeriggio messo a disposizione, prende spunto dall’esperienza che abbiamo sviluppato a WeMake, il makerspace e fablab aperto circa un anno e mezzo fa a Milano. In questi mesi infatti abbiamo progettato, sperimentato e svolto diversi percorsi formativi e workshop informativi destinati a ragazzi e adulti e inoltre partecipato al tavolo di co-progettazione delle politiche giovanili del Comune di Milano. Diverse scuole sono venute in visita, abbiamo ospitato ragazzi in tirocinio e, in alternanza, siamo stati ospitati nelle scuole con percorsi esperienziali legati all’acquisizione delle competenze di cittadinanza oltre che delle abilità digitali per ragazze dai 10 ai 13 anni.

Per chi ancora non si fosse avvicinato al mondo dei makers, il concetto FabLab è nato come componente educativa di sensibilizzazione su tematiche di tecnologia e innovazione sociale al Massachusetts Institute of Technology (MIT) e finanziato dal Centro di Bits & Atoms. FabLab significa laboratorio di fabbricazione e rappresenta una versione in scala ridotta di una specie di fabbrica di produzione.

FABLAB: LABORATORI DI FABBRICAZIONE PER ARTIGIANI DIGITALI

Mentre le fabbriche sono utili per la fabbricazione di migliaia di pezzi in catena di montaggio, il fablab può essere frequentato da cittadini di ogni provenienza formativa per creare prototipi e modelli di ingegneria e architettura o di oggetti intelligenti attraverso una progettazione basata su computer o software di disegno, hardware accessibile e nella maggior parte dei casi software Open Source. Tali strumenti sono utilizzati per creare modelli che vengono poi completati nella loro forma fisica utilizzando una macchina per il taglio laser, fresatrici per il legno e metallo, stampanti 3d o anche macchine da maglieria.

La natura trasversale delle tecnologie di fabbricazione si presta alla messa in pratica di approcci scientifici, ingegneristici e tecnologici di base, e stimola un “saper fare” all’interno della comunità per imparare dagli altri in un contesto creativo, innovativo e spontaneo.
I FabLab non sono un’esperimento completamente nuovo e originale perché possono essere visti come una sorta di evoluzione degli hackerspace, i laboratori di informatica autogestiti diffusi in tutta Europa, specialmente in Germania intorno agli anni ’90.

Un passo in più è però stato fatto. I FabLab stanno diventando sempre più centrali nella produzione di capitale umano qualificato necessario per un futuro di ricerca e sviluppo autonomo, capillare e distribuito sul territorio specialmente nel momento in cui chi li fonda conosce il territorio e ne segue le specificità attrezzando lo spazio per rispondere alle esigenze dei contesti spontanei che lo circondano. E da questo approccio nascono Makerspace con tematiche più definite, attrezzati a partire dalle necessità più settoriali.

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Oltre a ciò il tavolo sulla Digital culture promosso da Edison ci ha permesso di confrontarci sul significato della formazione oggi, su metodi e approcci che si dovrebbero adottare e su quelli da cui attingere. Si discute molto della rivoluzione apportata al sistema scolastico in nord europa e di flipped classroom sul modello statunitense.

Nel nostro paese facciamo molto in fretta a valorizzare quello che ci propongono dall’estero anche quando abbiamo degli esempi in Italia che hanno fatto scuola nel mondo. Il Metodo Montessori e l’esperienza di Reggio Emilia sono sicuramente un punto di riferimento da cui siamo partiti a WeMake per introdurre nelle scuole una didattica costruttivista, non frontale per il trasferimento delle competenze trasversali e digitali.

FABSCHOOL: DAL PROBLEM SETTING AL PROBLEM SOLVING

Con le attività formative promuoviamo l’acquisizione di competenze digitali nei processi di risoluzione di problemi o di progettazione di oggetti e strumenti, secondo una logica di apprendimento per scoperta e ricerca.

Per le scuole ci piace molto usare questo mantra: “inventare per imparare”.
Ed è il nostro punto di partenza nella progettazione anche dell’iniziativa Fabschool presentata recentemente al Forum Ambrosetti insieme a Fondazione Cariplo e di cui Wemake segue la progettazione del progetto pilota in partenza a Novembre.

Nelle scuole infatti agiamo su un doppio binario: siamo agenti di cambiamento in quanto integriamo l’offerta formativa da un lato e dall’altro alimentiamo con le nostre azioni un dibattito sui processi di apprendimento e sui metodi di trasferimento delle competenze, ponendo la (auto)valutazione al centro del processo.

Nelle scorse esperienze formative abbiamo riflettuto a lungo con gli insegnanti sulle competenze effettivamente acquisite e un aspetto importante che abbiamo rilevato è che alcune di queste non hanno a che fare con le tecnologie ma sono preziose nel contesto lavorativo contemporaneo, per esempio l’abilità con cui si affrontano le varie fasi di un processo: dall’esplorazione e “problem setting” fino al “problem solving” e alla comunicazione, oppure le abilità relazionali come collaborazione, autonomia personale, e coinvolgimento attivo. Infine le capacità organizzative, gestionali di un processo, spirito d’iniziativa e imprenditivita’ che fanno davvero la differenza.
Il risultato interessante a cui abbiamo assistito è stato una forte (ri)motivazione allo studio dei ragazzi e delle ragazze beneficiari di questo tipo di percorsi e la valorizzazione del sistema scuola.

Fablab, Makerspace, tecnologie digitali e scuola rappresentano, a nostro parere, un forza creativa che, se fatta lavorare in sinergia, potrebbe darci dei risultati piacevolmente inaspettati.

Questo articolo è stato pubblicato su CheFuturo! il 8 ottobre 2015.

Co-fondatrice di WeMake, makerspace e fablab a Milano dal 2014 - Craftivist, digital strategist e lecturer, mi sono laureata in filosofia, formata nel mondo della comunicazione strategica digitale e nel network del mediattivismo europeo. Dagli anni '00 ho indagato in vari progetti italiani e europei i confini e le potenzialita' dell'open source nella moda e nel design intrecciandoli con la fabbricazione digitale. Dal 2013 al 2017 ho fatto parte del team di Arduino per occuparmi di digital strategy.