Reflow: biomaterial workshop
Il 16 e 17 dicembre 2021 WeMake ha partecipato con Greta Dalessandro, designer esperta in biomateriali, al Biomaterial workshop “EAT. SAVE. MAKE. Learn how food waste can become biomaterial” proposto nel contesto del progetto europeo Horizon 2020 Reflow.
Il workshop è stato preceduto dall’open talk “As good as gold“: la tre giorni è stata organizzata da OpenDot in collaborazione con Materiom con il supporto del Comune di Milano, di Centrinno, di NEMA – Rete Nuove Manifatture (WeMake, Cariplo Factory, a|cube, BASE Milano, OpenDot) e del Politecnico di Milano.
Un workshop hands on per cucinare e scambiarsi ricette e visioni rispetto al futuro dei biomateriali, che possono essere prodotti in casa, o comunque in ambiente non industriale. Il passaggio successivo prevede il loro utilizzo in progetti realizzati con la digital fabrication all’interno di fablab e makerspace.
WeMake lavora molto sui biomateriali: da diversi anni propone workshop e corsi (il prossimo si tiene a marzo 2022 all’interno della nostra proposta in Fastweb Digital Academy – Bio-materiali: autoproduzione e coltivazione di pellami a origine batterica o bio pellami) tenuti da Greta Dalessandro alla quale abbiamo fatto qualche domanda in merito al Biomaterial workshop del progetto Reflow condotto da Pilar Bolumburu, designer specializzata in digital fabrication, e Charlene Smith, chimica ed esperta di nanotecnologie, di Materiom.
Conoscevi già Materiom?
Sì, ero entrata in contatto con loro perché pubblicavano diverse ricette di biomateriali sul loro profilo Instagram, che era un canale di conoscenze condivise per la diffusione di questa tecnologia su scala domestica. A loro volta si sono interessati ai miei lavori come biodesigner. Mi hanno da subito proposto di ampliare il loro sito con relativo database con le mie ricette biomateriche che ho implicato nei miei progetti. Io avevo già fatto ricerca su questo tipo di materiali quando avevo frequentato la Fabricademy, dove avevo realizzato il progetto finale – Fading Dress_Clothes in constant evolution. Anche una delle conduttrici del workshop, Pilar Bolumburu, ha richiamato quell’ambiente di ricerca in quanto ha partecipato alla FabAcademy.
Chi ha partecipato al workshop? C’era una forte presenza femminile come all’open talk che lo ha preceduto?
Il gruppo di lavoro era di una quindicina di partecipanti, nella due giorni ci siamo divisi in gruppi di lavoro ed effettivamente la presenza femminile era decisamente maggioritaria. Senza voler fare una questione di genere, possiamo dire che c’è un “filo rosa” nell’ambito della ricerca dei biomateriali. Anche il team di Materiom è a maggioranza femminile.
Cosa avete fatto?
Il primo giorno lo abbiamo interamente dedicato alla cucina! Abbiamo prodotto in gruppo diversi campioni dopo aver osservato le organizzatrici. Il secondo giorno, dopo l’osservazione di quello che abbiamo prodotto, abbiamo scelto alcuni campioni che abbiamo usato nella lasercutter. Abbiamo utilizzato prodotti ottenibili da cibi, piante e nel dettaglio abbiamo impiegato la polvere di caffè dopo essere stata utilizzata per la nostra colazione di benvenuto, un ottimo modo, anche diretto, di portarci come esempio lo scarto alimentare prodotto in scala domestica!
Qual è il legame con i fablab e makerspace?
Credo che l’intento delle organizzatrici fosse quello di promuovere la ricerca e l’uso di biomateriali in ambienti dove si incontrano e lavorano insieme diverse persone con background differenti. Inserire i biomateriali nella manifattura digitale: sono stati fatti molti esempi di uso di biomateriali con le tecnologie presenti nei fablab quali stampanti 3D, lasercutter e frese cnc.
Un workshop di due giorni è il modo migliore per diffondere l’uso dei biomateriali?
Da un lato sicuramente sì, del resto è anche quello che abbiamo fatto noi a WeMake (fra i corsi organizzati ricordiamo Biomateriali DIY base e Bio(making) – biomateriali online ndr)! Dall’altro c’è l’evidente limite del tempo che necessita l’arco di produzione di un biomateriale, compreso la sua essicazione: non succede in un giorno! L’escamotage è avere pronti i diversi campioni in modo che chi partecipa può poi vederli ed eventualmente utilizzarli in un progetto.
Vedi degli ostacoli nella diffusione ad ampio spettro dei biomateriali?
Le bioplastiche sono ancora di nicchia, anche se ricerca e sperimentazione sono ampissime e al momento in gran parte non finalizzate all’industria. Possiamo dire sicuramente che c’è molta attenzione, forse anche troppa! Alle volte vedo una forzatura nella volontà di sostituzione totale della plastica tradizionale. Io credo che, in alcuni ambiti, si debba usare la plastica. Negli anni Cinquanta e Sessanta la plastica ha costituito il materiale principale per gli oggetti di uso comune ed è nato un nuovo fenomeno: quello dell’ ”usa e getta”. La nostra società sta sicuramente attraversando un fase di consumo e produzione più critica rispetto la scelta o la necessità di usare uno specifico materiale in favore di alternative più sensate nella maggior parte dei casi come le bioplastiche, il bambù, il legno e via dicendo. Oltre a tutto questo c’è il tema del riciclo e del modo in cui possiamo riutilizzare questa grande quantità di plastica prodotta. Il fine vita di un oggetto non corrisponde necessariamente al fine vita del materiale.
Siamo pronti a livello culturale?
È un discorso sicuramente complesso, ma credo di sì, perché c’è molta attenzione, ma anche un movimento di greenwashing di aziende che seguono l’onda ambientalista senza crederci veramente.
Un aspetto del workshop che vuoi sottolineare.
Io, fra i/le partecipanti, ero fra quelle più addentro alla materia, quindi, da un punto di vista strettamente legato alla cucina, ero preparata! Mi è stato utile parlare con persone esperte, che si occupano di biomateriali. Materiom ha un team miscellaneo dove coabitano diverse figure e quindi possono studiare il materiale da diversi punti di vista: un chimico ha conoscenze che io non ho rispetto alle ricette e a come si comportano i materiali, un designer immagina che applicazioni possono essere fatte senza contare l’estetica e via dicendo. Tutte queste competenze insieme possono migliorare il risultato finale.