Etnografia Digitale, il nuovo corso di WeMake!

posted on ottobre 9th 2017 in Corso & Featured & News & Opencare with 0 Comments

Il prossimo 21 ottobre inizia il corso di Etnografia digitale presso WeMake.
Il docente svolgerà soprattutto la funzione di facilitatore e moderatore. Federico Monaco si occupa da anni di ricerca etnografica e di temi relativi a progetti di comunità online e di apprendimento presso l’Università di Parma.
Il corso, oltre a seguire un programma basato su storie, esempi e casi studio, propone di sperimentare e analizzare insieme e dal vivo le dinamiche e processi che coinvolgono una comunità online.
L’utilizzo della rete e dell’informatica a fini professionali e del tempo libero sta cambiando il nostro vivere quotidiano, amplificandolo o costringendolo in nuove forme, tempi e spazi. Comprendere come questo cambiamento stia avvenendo permette di orientarsi e orientare colleghi e collaboratori in attività online condivise.
Come avverrà questo: creando una comunità digitale propria e “vivendola in quanto tale”!
Abbiamo chiesto a Federico maggiori informazioni su quale sia lo spirito che anima l’iniziativa formativa.

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Possiamo dire: etnografia digitale come skill ubiquo nella formazione qualitativa a WeMake?
Questo corso è stato progettato con l’obiettivo di offrire una esperienza tanto formativa quanto collettiva, sia in sede che online, nel corso di 4 settimane. Vale a dire che se ti iscrivi farai “vita di gruppo” in aula e online per circa un mese. La collaborazione in gruppo permette di ripensare da subito le attività e prodotti di cui ti occupi abitualmente, andando a mettere in evidenza gli elementi nascosti e meno tecnici che derivano dall’interazione sociale/digitale, ma che vengono spesso trascurati.

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Di cosa si occupa la ricerca etnografica?
In breve, è uno strumento fondamentale per la descrizione e l’analisi di cosa persone, gruppi e comunità fanno. La cosa più affascinante sta proprio nella possibilità di lasciarsi coinvolgere dagli altri e da ciò che fanno, andando a chiedere sempre di più agli stessi il perché di determinate scelte, opinioni, soluzioni che adottano. Seppur in presenza di esperienza e di professionalità, a volte gli elementi più sociali e culturali sfuggono, proprio perché relativi a ciò che abita nelle persone, alla loro identità e modalità di interazione che viene stabilizzata nel tempo in regole e routines, ma anche in rituali, tradizioni, etc…

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Anche se il corso appare a prima vista molto astratto e poco tecnico, si tratta di esperienza sul campo con manipolazione di simboli e codici e di osservazione/immersione nella sfera sociale e culturale. Sarebbe come descrivere un viaggio in un posto in cui non siamo mai stati con un libretto d’istruzioni. Da una parte parleremo di “shop floor problem”, ovvero di come lo spazio collettivo di manifattura diventi “il luogo” che nasconde le convenzioni di infinite interazioni tra persone, macchine, standard, informazioni, suoni, colori, etc. A tale proposito rifletteremo sulla natura del makerspace come luogo sociale e condiviso. Dall’altra di etnometodi, ovvero del modo in cui le persone fanno delle cose; quindi come, abitualmente in base a codici di cui spesso non siamo consapevoli. C’è molto di più e lo approfondiremo durante il corso.

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Le culture del codice, i codici della cultura…
La novità, in quanto analisi comunque articolata delle culture del codice, non consiste solo nel proporre in un makerspace un corso sull’etnografia digitale.
L’esperienza principale di questa offerta formativa riguarderà l’agire e pensare come una vera e propria comunità digitale durante il percorso di circa un mese. Svilupperemo la nostra cultura digitale e ne trarremo delle riflessioni per comprendere gli elementi e fenomeni che si presenteranno ai nostri occhi. Faremo cose insieme con i nostri computer e analizzeremo come, cosa e perché ciò accade come esperienza collettiva.

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Ecco il programma del corso:
Il corso è suddiviso in due incontri sempre di sabato (21 ottobre e 25 novembre) di 5 ore ciascuno, oltre un’ora in aggiunta di pausa pranzo verso le 13. Durante il primo incontro condivideremo obiettivi e necessità dei membri della community per armonizzarci e sincronizzarci nelle aspettative e potenzialità.
Gli elementi di cui tenere conto sono certamente tanti: l’infrastruttura utilizzata (se tutto il web, una piattaforma, un social network); gli asset o oggetti digitali condivisi, trafficati tra gli utenti; il tipo di relazione (se collaborativa, competitiva, di supporto, di promozione, etc..); la cultura e le pratiche di riferimento del gruppo (se riguarderanno professionisti, amateurs, teenagers, etc..).
Ci ispireremo a esempi che derivano da studi più o meno noti sul rapporto tra media digitali e comunità, come Hanging Out, Messing Around, and Geeking Out, a cura di Mizuko Ito, sull’identità, creatività e giovani, oppure la Virtual Ethnography di Christine Hine, infine a esempi sul campo quali il case study relativo al fablab stesso. Lo studio riguarda la ricerca etnografica nello spazio fisico/digitale che Federico sta conducendo presso WeMake sul tema opencare. In particolare, verrà utilizzato insieme il software Tulip sviluppato dai ricercatori dell’Università di Bordeaux e sfruttato durante la ricerca a WeMake per mappare fenomeni di networking con tecniche etnografiche digitali.

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Come creare insieme delle skills etnografiche
Ovviamente questo corso non ha la velleità di formare etnografi. L’obiettivo è condividere una esperienza utile non tanto ad acquisire delle nozioni e delle tecniche di ricerca (cosa per la quale occorrono anni di esperienza all’interno di un ambito più strettamente scientifico e accademico), ma sviluppare e scoprire dei livelli di “lettura” su ciò che le persone fanno insieme e perché. Tale skill è utile per osservare con una lente speciale e descrivere il proprio ambiente di lavoro, la propria comunità di riferimento, l’insieme di persone a cui portiamo i nostri servizi professionali in modo differente, e soprattutto ad osservarci e migliorare la progettazione e gestione delle attività digitali che coinvolgono altre persone come collaboratori o utenti finali.

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