Fare e digitale nelle scuole

posted on dicembre 16th 2015 in Educational with 0 Comments

L’articolo di Leonardo Zaccone di Roma Makers su chefuturo affronta molti temi interessanti sul rapporto tra educazione, scuole e fablab. Ci siamo ritrovati in molti passaggi soprattutto quando rileva che i ragazzi e le ragazze sono si’ in contatto con molto digitale ma spesso questo e’ purtroppo limitato al telefonino cellulare, alle consolle da gioco e a poco altro. In altri passaggi meno, perchè pensiamo che il cambio di passo delle scuole non sia da individuare solo nell’inserimento nelle scuole di strumenti digitali. Anche se si tratta di buon digitale.

Paradossalmente questo e’ anche un nostro grande timore. Il PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale) aiuterà sicuramente gli studenti che avranno “docenti preparati” a gestire queste camionate di tecnologie ma noi di WeMake è circa un anno che ci stiamo domandando cosa significhi essere docenti preparati. Abbiamo incontrato nei nostri percorsi nelle scuole secondarie (sia di primo che di secondo grado) docenti che non conoscevo Arduino, stampa 3d e lasercutter ma che nel contempo consentivano, agevolavano e facilitavano un utilizzo di senso di tali strumenti. Abbiamo però purtroppo anche incontrato docenti che conoscevano i Fablab, la digital fabrication, i makers ma che non consentivano ai ragazzi di procedere nel loro percorso di apprendimento perché utilizzavano questi strumenti non come elementi pedagogici o didattici ma come strumenti di esecuzione di un compito. L’obiettivo formativo era quindi slegato dal senso e dal valore che portiamo. Risultava ridimensionato al saper utilizzare software e hardware come il prof di turno desidera.

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Oltre agli elementi che saggiamente ha citato nel suo articolo ci siamo chiesti più volte cosa possiamo portare noi?

VALORE.  Possiamo portare valore attraverso l’utilizzo di metodi inclusivi che consentano ragionamento e ideazione in piena libertà. Agire e apprendere per step graduali per approssimazione, lasciando lo studente autonomo nell’apprendimento ma anche nella ricerca. Questo è quello che ci emoziona nella scuola. La scoperta e la voglia ritrovata di sapere e conoscenza. Ogni domanda, ogni perché posto da una ragazza deve essere per noi stimolo di prosecuzione e spina al fianco di chi vuole la scuola pubblica morta e non fucina dell’eccellenza!

EMPATIA. L’approccio, il modo con cui ci inseriamo in contesti scolastici è spesso destrutturato. Non è frontale ma orizzontale. Non è diretto ma maieutico. Questo consente la costruzione di una fiducia reciproca basata su un approccio capacitante. Implicito è il fatto che a noi non interessa che docente o studenti siano preparati, abbiano un buon rendimento scolastico o eccellano in qualche disciplina. A noi basta che facciano parte di una squadra e che tutti partecipino al “gioco”. Per questo li dividiamo in piccoli gruppi eterogenei (4/5 al massimo). In gruppi più numerosi c’è dispersione di energie e di tempo. A WeMake abbiamo sempre deciso di muoverci per challenge, perché favorisce la discussione e mette subito tutti sullo stesso piano. Immedesimazione, lettura del bisogno, problem solving diventano elementi imprenscindibili dallo sviluppo del progetto digitale. L’empatia e la fiducia reciproca sono alla base di tutti i processi di collaborative learning e di ricerca. Non stiamo insegnando cioè solo a tirare la lima, come pensano alcuni e nemmeno a creare qualcosa che non serve. La responsabilità che ragazze e ragazzi hanno nei confronti dei progetti che portiamo a scuola e’, a dir poco, esemplare.

RIMOTIVAZIONE. Possiamo sicuramente portare strumenti, possiamo portare conoscenza ma il cambio di passo deve provenire dai docenti che devo riprendere in mano la loro professione (e lo fanno benissimo se rimotivati) e noi offriamo loro quest’occasione. Andare a casa ed essere ripagati dagli occhi pieni di gratitudine dei propri studenti e vederli maturare attraverso una crescita individuale e di gruppo è per loro il regalo migliore. Le progettazioni che portiamo nelle scuole rimotivano lo studente che percepisce il proprio valore e le proprie potenzialità. E rimotivano anche il docente, che agendo in ambiente di doppio apprendimento, impara da noi, dai ragazzi e da solo, a far lavorare la classa in autonomia, acquisendo una capacità di valutazione differente da quella attuale, focalizzandosi cioè sulle competenze e non sulla singola lezione. In questo momento questo tipo di visione è una goccia in un mare. Spero diventi un fiume in piena.

Infine riteniamo che noi Fablab abbiamo il compito di affiancare la scuola, sostenerla per una questione di diritto e perché aprendo un fablab siamo entrati in questo processo. Ma non abbiamo la bacchetta magica, né per le scuole né per i neet. Siamo agenti di cambiamento. La potenzialità degli interventi di affiancamento nella didattica o nei POF (Piani di Offerta formativa), nelle metodologie che gli insegnanti sperimentano nei processi di ideazione sono quelli che secondo noi stanno mutando o che devono mutare. Il focus su cui stiamo lavorando è questo, anche con open education, l’appuntamento mensile gratuito dedicato a chi si occupa di formazione, insegnamento ed educazione ogni penultimo mercoledì del mese dalle 17 alle 19.  Per non agire in outsourcing, per essere uno dei motori dello sviluppo.

Cristina Martellosio