Everything should be a remix – Report del workshop
Il confine tra diverse abilità e superpoteri è labile. Esistono numerose ricerche che indagano sull’aspetto empatico e sul coinvolgimento dei cittadini in merito alla disabilità, accessibilità e diritti. Dall’universo comics alla letteratura, gli esempi in tal senso fioriscono. Dall’ambito culturale deriva un primo spunto di riflessione rispetto al mutamento percettivo e all’incremento del valore attribuito alle diverse abilità. Proprio queste sono riconducibili a nuove percezioni e a capacità strategiche che permettono di risolvere dei problemi (come salvare il mondo…) attraverso competenze maturate da una lettura differente della realtà. In altre parole non sono solo i super poteri a “salvare” il mondo. Sono le strategie che l’eroe di turno escogita, per utilizzare al meglio le proprie abilità, che garantiranno il successo delle azioni. Una sorta di problem solving del super eroe.
Se Daredevil, supereroe cieco, diventa un beniamino significa che collettivamente c’è un attribuzione di valore a diverse abilità e percezioni della realtà. La disabilità vissuta come diversità, in un contesto in cui tutti siamo diversi, e non come mancanza o menomazione è senz’altro un passaggio culturale non indifferente. Parte del merito è senz’altro da attribuire all’organizzazione olimpica inglese che con l’enfasi e il dispiego mediatico ha permesso alle paralimpiadi di divenire un evento sportivo della medesima portata delle olimpiadi. Nella visione collettiva volontà, allenamento e ricerca hanno tramutato gli atleti in super atleti. Protesi e ausili sono divenuti oggetto di studio e interesse per milioni di persone. Attraverso un processo empatico , risultato di una narrazione delle vite degli atleti e atlete e una successiva immedesimazione la disabiltà è presto mutata in abilità.
Everything should be a remix
Provate a percorrere bendati un percorso a ostacoli. Il vostro ausilio è un bastone.
Fatelo, non provate solo a immaginarlo. Utilizzerete altri sensi: l’udito e il tatto anzitutto, ma anche l’olfatto. Interverranno quindi altre abilità: la capacità di concentrazione, l’orientamento, , l’equilibrio ma anche il non farsi prendere dal panico e la capacità di mantenere la calma.
Abbiamo fatto fare questa esperienza ad alcuni ragazzi di due classi del penultimo anno di un istituto tecnico di Lastra a Signa, un ingegnere informatico di Firenze e una ricercatrice di Pisa, che hanno partecipato il 9 e il 10 ottobre 2015 a Everything should be a remix , un laboratorio condotto da WeMake all’Internet Festival di Pisa. Il laboratorio era focalizzato sul processo che conduce dall’ideazione alla produzione di progetti/prodotti in ambito sociosanitario, partendo da progetti opensource già rilasciati in rete.
Stimolare l’ascolto, favorire l’immedesimazione, sondare il bisogno, passare attraverso processi empatici sono attività essenziali nei processi di ideazione. Design thinking, mappe concettuali insistono sull’elaborazione di idee anche complesse a cui si arriva attraverso brainstorming collettivi. La presa in carico del bisogno, l’attribuzione di senso personale nel percorso che conduce alla definizione dell’idea progettuale, sono condizioni fondamentali affinchè la soluzione collettiva possa effettivamente rispondere alla domanda.
Nel caso del nostro laboratorio la lettura di un bisogno era stata già acquisita e solo narrata al gruppo attraverso la storia e l’esperienza di un membro della nostra comunità.
Saremmo riusciti a dare una soluzione a questo problema attraverso risorse condivise e competenze messe in comune (già presenti nelle comunità)? Saremmo stati capaci di rispondere a un bisogno?
Diario di bordo
Dopo una presentazione degli obiettivi del laboratorio abbiamo iniziato a raccontare come era stato rilevato il problema. Abbiamo narrato la storia di un membro della nostra comunità e abbiamo invitato tutti i presenti a pensare a delle soluzioni.
Il “problema” (nella definizione PBL, ma si potrebbe parlare anche di challenge, domanda o sfida) era la difficoltà di movimento in autonomia di un membro della nostra comunità in un ambiente in cui oggetti e arredamento venivano spesso cambiati. Nei soggetti ipovedenti o ciechi eravamo in presenza di una mancata rilevazione di ostacoli a circa un metro di altezza, se non in prossimità dal bastone.
Il brainstorming, come al solito, oltre a contribuire alla reciproca conoscenza dei membri del gruppo, ha creato ilarità e discussione. Per meglio comprendere i bisogni e le caratteristiche che doveva avere il progetto i partecipanti hanno deciso di provare a camminare bendati solo con l’ausilio di un bastone…
Il gruppo ha segmentato in problema identificando due elementi principali in termini di bisogno Per permettere tener traccia degli spunti di ognuno sono stati utilizzati dei foglietti adesivi, che raccolti hanno poi formato la mappa dei bisogni e delle soluzioni. Sono stati evidenziati anche dubbi ed eventuali problemi da risolvere (una sorta di swot informale). Partendo dalla considerazione che quasi tutto è già stato inventato i partecipanti sono stati invitati a navigare in rete alla ricerca di soluzioni esistenti. Qualsiasi soluzione. I frutti delle ricerche sono stati quindi condivisi in un file comune.
A questo punto attraverso un’analisi di fattibilità abbiamo individuato le progettazioni percorribili tra tutte quelle pensate. L’analisi di fattibilità veniva effettuata considerando tre differenti categorie di indicatori: tempo, risorse e skills del gruppo(conoscenze e competenze).
Il progetto è stato quindi definito. Stickino (il nome del progetto) avrebbe preso forma con un sensore a ultrasuoni, 1 viber motor (vibrazione), un piezo buzzer (suono), un scheda arduino/lilypad, avrebbe avuto una forma modulare indossabile/applicabile. Si sono quindi autocostituiti due gruppi che hanno lavorato separatamente seppur in sinergia alle diverse parti del progetto.
In un pomeriggio siamo riusciti a testare sensori e i feedback scelti. E’ stata quindi creata una case che potesse contenere l’arduino e ma anche essere indossata o agganciata al bastone..
Il dispositivo così creato è stato testato ma richiedeva alcuni miglioramenti sia per quel che concerne la stabilità con cui rilevava gli ostacoli che per la sua usabilità. Il gruppo ha così elaborato una seconda versione wearable. Un guanto da indossare con il bastone.
Aldilà dell’ottimo risultato (il prodotto soddisfaceva i bisogni rilevati) dobbiamo rilevare due componenti significative. Il coinvolgimento empatico e l’immedesimazione nel problema che ha consentito di delineare di obiettivi di progetto.
La partecipazione collaborativa di tutti i membri del gruppo. I ragazzi più giovani erano entusiasti di indossare l’ausilio e continuavano a creare nuovi percorsi per misurarsi con una nuova abilità. Se qualcuno dovesse chiederci qual è il valore aggiunto di queste esperienza, senz’altro risponderemmo la risposta emotiva e la contaminazione culturale rispetto ai bisogni altrui. Perseverare in un approccio capacitate aiuta i ragazzi ad inventare. E a inventare si impara!
Scheda del Workshop
Durata: 9 ore
Partecipanti: 7-13. Il laboratorio, destinato a un pubblico eterogeno, non per forza digitalmente alfabetizzato
Mediatore 1 (animatore sociale, facilitatore di processi e di linguaggi)
Docente 1 (formatore con competenze nel PM, skills informatiche, grafiche ed elettroniche – maker)
Tutor 1 (skills informatiche, grafiche ed elettroniche – maker)
Challenge: per chi ha un deficit visivo (ipovisione cecità o ridotte capacità di visione) il bastone bianco consente di spostarsi in autonomia ma non la rilevazione di ostacoli a circa un metro di altezza se non in prossimitá
Obiettivo formativo rafforzamento ed emersione delle competenze di cittadinanza, acquisiszione di competenze tecniche.
Obiettivo specifico: sostenere la lettura del bisogno e la fase ideativa sottoponendola a un’autovalutazione sulla fattibilità.
Risultati attesi:
macro – contribuire alla discussione sull’attribuzione di valore a device DIY open source. Il riconoscimento e l’incentivo alla realizzazione di pratiche diagnostiche o di ausilio create da singoli ma che rispondono a bisogni di comunità.
micro – produrre una cultura collaborative e sensibile ai bisogni in contesti educativi.
Rilascio in open source: https://github.com/WeMake-cc/Stickino