Innovazione e il paradosso della cura for-profit

posted on giugno 24th 2019 in DSI with 0 Comments

Durante un seminario internazionale che riuniva esperti di varie discipline per confrontarsi rispetto i ad alcuni approcci di impact investment, andando oltre i meri indicatori finanziari, uno dei presenti ha preso spunto da un fenomeno italiano per spiegare cosa poteva rappresentare per lui l’innovazione sociale. Secondo le statistiche, più dell’11 percento della popolazione italiana ha un’età superiore ai 75 anni e questo cifra raddoppierà entro il 2050. La maggior parte delle famiglie italiane, specialmente nelle regioni del nord, hanno bisogno di un supporto per prendersi cura dei loro anziani. Per sopperire a questo bisogno, raramente sussidiato dal welfare nazionale, si è assistito a una costante crescita di badanti assunti privatamente e molte di loro provenienti dai paesi dell’Est Europa.

Il processo sociale spontaneo della loro messa al lavoro — solitamente senza un contratto regolare — è diventato un fenomeno di diffuso e moltiplicatosi grazie al passaparola — e secondo le statistiche 6 su 10 sono pagate in nero e non hanno assicurazione. Tali caratteristiche del fenomeno, ossia l’essere autorganizzati e dal basso, è diventata la ragione per cui l’esperto alla conferenza ha elencato con leggerezza il fenomeno delle badanti tra gli esempi di “innovazione sociale”. Ha magnificato questa soluzione, certamente spontanea ma individualistica, senza problematizzare o almeno riferirsi alla nuova forma di sfruttamento del lavoro che essa comporta.

Questa mancanza di analisi politica evita di riconoscere, ad esempio, il costo psicologico che le badanti migranti devono sopportare in questa forma di organizzazione, ossia una depressione così diffusa che le è stato dato un nome: “Sindrome italiana” (1).

Innovation Depot by Curtis Palmer

Innovation Depot by Curtis Palmer

In un precedente articolo abbiamo discusso alcune interpretazioni erronee su ciò che rappresenta il concetto di Digital Social Innovation, e Valeria Graziano lo ha affermato in modo abbastanza chiaro:

La vera innovazione sociale digitale può quindi mettere radici solo quando affronta gli squilibri di potere e le relazioni di forza che modellano il campo sociale, cercando di rendere questi rapporti più giusti, inclusivi e democratici.”(2)

Solo quando siamo in grado di rilevare una condizione in cui l’equilibrio dei poteri cambia, possiamo dire che stiamo osservando un processo di innovazione sociale. Se non dichiariamo chiaramente questa quale condizione necessaria e sufficiente, ci imbattiamo in molti equivoci e rischiamo di imbatterci in pratiche di social-washing.

Nel suo libro “Keywords. Il nuovo linguaggio del capitalismo”, Pat Leary mostra come la parola “innovazione” sia lentamente diventata un sostituto del concetto di “progresso”, che incorpora una sorta di significato profetico in grado di ottenere un consenso bipartisan, e quindi rendendola una parola molto ingannevole (3).

La maggior parte delle aziende, grandi e piccole, vuole essere percepita come innovativa, indipendentemente dal tipo di originalità che i loro servizi o prodotti forniscono. Negli ultimi anni, la parola “innovazione”, non solo è diventata una parola d’ordine, ma si è trasformata rapidamente in un concetto autonomo che esprime quella facoltà che deve e essere coltivata e a cui dedicarsi nella maggior parte delle organizzazioni e istituzioni (4). Molte ricerche hanno esplorato ciò che caratterizza esattamente una “cultura dell’innovazione”: è la presenza di diversità e la tolleranza, o piuttosto gli assetti istituzionali o le condizioni infrastrutturali? È l’accesso alle informazioni o la capacità di promuovere ambienti in cui la meritocrazia e la propensione al rischio sono davvero apprezzate?

Molte cose chiamate innovazioni dovrebbero essere il risultato di un modo di pensare alternativo per risolvere un problema reale e le soluzioni innovative sono generalmente identificate come processi o prodotti originali che rispondono ad alcuni bisogni e forniscono cambiamenti a qualcosa di definito.

Gli elementi chiave in questo processo di cambiamento non sono spesso evidenti nella soluzione stessa, a volte è persino difficile identificare chi è il vero beneficiario. Ci sono un paio di considerazioni che sono meno discusse, ma su cui dovremmo fare un po’ chiarezza.

Prima di tutto, le conseguenze di un’alterazione di ciò che è stabilito e adottato come pratica fino a quel momento, sono spesso espressione di un cambiamento, che affronta equilibri di potere, non solo una questione di conquista di fette di mercato. Quando, per esempio, la scuola materna auto-organizzata Soprasotto (5) di Milano ha iniziato le sue attività, i fondatori sapevano dell’esistenza di molti genitori che avevano bisogno di quel servizio. Hanno dovuto acquisire la capacità di relazionarsi con il Comune della città per far sì che accettassero il nuovo approccio al di fuori del quadro tradizionale che prevede solo asili pubblici o privati.

Hanno dovuto presentarsi non come un concorrente di un servizio pubblico, o una mera alternativa più economica alle scuole private, ma una risposta dal basso verso un bisogno che né il primo né il secondo potevano soddisfare. I genitori possono infatti fare domanda a Soprasotto solo se sono esclusi dalle liste pubbliche e l’iniziativa, anche dopo 5 anni di attività, sta ancora lavorando per raggiungere un equilibrio finanziario.

In secondo luogo, la maggior parte delle innovazioni viene automaticamente valutata positivamente in base al successo mercato e alla sua scalabilità dal punto di vista finanziario, senza indagare troppo sulle esternalità negative o i presupposti impliciti della soluzione proposta. Ad esempio, ci sono molte start-up che propongono maschere anti-inquinamento molto high-tech per i ciclisti senza mai menzionare che l’inquinamento è una questione collettiva che dovrebbe essere risolta con una visione a lungo termine e azioni politiche, promosse dai cittadini.

Innovation by Dennis Skley

Innovation by Dennis Skley

Se non ci spostiamo esplicitamente oltre il concetto di crescita come indicatore finanziario, si cade direttamente nel paradosso che il successo delle imprese avverrebbe solo se il problema sociale che pretende di risolvere in realtà non sia mai risolto. Si tratta di allargare la prospettiva e riflettere su quale sia la vera radice del problema, invece di promuovere una visione miope per confondere la relazione tra problema e soluzione al fine di giustificare un approccio mercificato a questioni sociali.

Nell’aprile 2018, Goldman Sachs ha pubblicato un rapporto intitolato “The Genome Revolution”, analizzando per i loro clienti le crescenti opportunità della terapia genica. Un articolo di CNBC citando il rapporto, rivela proprio il paradosso sopra descritto:

La possibilità di fornire cure “one shot” è uno degli aspetti più interessanti della terapia genica. Tuttavia, tali trattamenti offrono una prospettiva molto diversa per quanto riguarda le rendite ricorrenti rispetto alle terapie croniche. Mentre questa proposta [di cure one-shot] porta un enorme valore per i pazienti e la società, potrebbe rappresentare una sfida per gli sviluppatori di farmaci genomici che ricercano un flusso di cassa costante.” (6)

Per dare un esempio reale dei possibili rischi, gli autori del rapporto continuano a mostrare quello che è successo quando un’azienda ha distribuito con successo un trattamento per l’epatite C:

GILD ne è un esempio, dove il successo del suo franchising sull’epatite C ha progressivamente esaurito il pool di pazienti trattabili — Nel caso di malattie infettive come l’epatite C, la cura dei pazienti esistenti diminuisce anche il numero di portatori in grado di trasmettere il virus a nuovi pazienti, quindi anche il pool di nuovi episodi vede un declino… Nel caso in cui un pool di episodi rimanesse stabile (ad esempio, nel cancro) il potenziale per una cura pone meno rischi per la sostenibilità di un franchising.” (7)

Goldman Sachs lo esprime chiaramente: non è l’obiettivo dei mercati quello di innovare in modo tale da fornire cure efficaci per le malattie. Se è davvero così, la narrativa persistente che racconta di come le imprese siano protagoniste nel fornire soluzioni a problemi sociali, è completamente fuorviante.

Questo approccio però non si presenta come una sorpresa. Come dimostra Pat Leary, Joseph Schumpeter ha descritto la capacità del capitalismo di mutare grazie a un tipo speciale di cittadino: l’imprenditore. È solo l’imprenditore che ha il potere di sfruttare le invenzioni per produrre nuovi beni, spesso grazie all’accettazione acritica delle tecnologie e alla credenza nei valori morali come indistinguibili da quelli economici. È questa l’incarnazione di “innovazione” che è più diffusa e conferisce alla creatività una specifica dimensione di classe: “Viene quasi sempre applicata alle attività dei colletti bianchi e alla ricerca del profitto, anche se la sua crescente popolarità nei contesti educativi riflette solo l’influenza strisciante in questo campo di modelli basati sulle leggi di mercato”. (8)

Crediamo che l’obiettivo principale di Digital Social Innovation sia di costruire una narrativa alternativa in cui questa distinzione sia chiara e questo libro è uno dei primi passi.

Le innovazioni non sono uguali. Diverse sfumature di innovazione esprimono valori specifici e visioni del mondo, pregiudizi e bramosia. Nei mercati, il tipo più comune di innovazione è solitamente chiamato innovazione incrementale perché crea soluzioni un po’ migliori rispetto al prodotto o servizio precedente e protegge le quote di mercato e il modello commerciale. Uno degli esempi classici è quando il rasoio è stato migliorato aggiungendo lame. Possiamo chiamarla ordinaria amministrazione. Quando questo approccio raggiunge il suo limite, molte aziende investono nella diversificazione del marketing che non corrisponde al miglioramenti dei prodotti reali ma assicura una continua crescita. I risultati sono generalmente superflui quanto per esempio i prodotti artificialmente differenziati per sesso che riempiono gli elenchi di siti Web come BoredPanda (9)e Pinterest (10).

Quando il capitalismo delle piattaforme è sbocciato, la maggior parte dei ricercatori ha iniziato a parlare di innovazione “disruptive” perché i nuovi protagonisti hanno sfidato i leader di mercato con nuove tecnologie e modelli di business. È successo con Netflix, Airbnb, Uber, e si sta evolvendo rapidamente verso un effetto Amazon: “in caso di successo, una piattaforma crea il proprio mercato; se molto di successo, finisce per controllare qualcosa come un’intera economia.” (11)

What is Innovation? By Kristina D.C. Hoeppner

What is Innovation? By Kristina D.C. Hoeppner

Ed è questo il contesto in cui le relazioni di potere impediscono l’innovazione radicale. Non perché attraverso una discussione democratica non riusciamo a raggiungere un consenso sufficiente a creare una visione del mondo — verso la quale le soluzioni proposte sono un piccolo passo avanti -, ma perché una discussione su una visione del mondo condivisa non sta avendo luogo. Al contrario, da una parte abbiamo una narrativa consistente che diffonde uno story-telling efficace di problemi del mondo specifici ma circoscritti, a cui le tecnologie mercificate possono fornire alcune apparenti soluzioni (12). E dall’altra parte constatiamo un vuoto di una qualsiasi visione a lungo termine condivisa, che rivela come il capitalismo possa essere solo una questione di espansione.

Da quando l’innovazione sociale digitale è diventata una prospettiva attiva sia nella pratica che nella teoria, se vogliamo crescere in numeri e impatto, è fondamentale essere chiari sul significato dei concetti che essa rappresenta, perché il linguaggio non è solo un modo per esprimere ciò che vediamo e ed è stato fatto, ma è soprattutto uno strumento che gli umani usano per immaginare e costruire il mondo che vogliamo vedere.

Note
(1) Alfaro, Gigliola. ‘“Sindrome Italia”. E’ la depressione di badanti e colf. Agensir, 30/08/2014. https://agensir.it/italia/2014/08/30/sindrome-italia-e-la-depressione-di-badanti-e-colf/
(2) What is (not) digital social innovation? by Valeria Graziano
(3) Leary, Patrick Leary. 2019. Keywords — The New Language of Capitalism. Haymarket Books.
(4) Fagerberg, Jan. 2013. The Oxford handbook of innovation.
(5) http://soprasottomilano.it/soprasotto-how-to/
(6) https://www.cnbc.com/2018/04/11/goldman-asks-is-curing-patients-a-sustainable-business-model.html
(7) Ibid.
(8) Leary, Patrick Leary. 2019. Keywords — The New Language of Capitalism. Haymarket Books.
(9) https://www.boredpanda.com/pointlessly-gendered-products-women-men
(10) https://www.pinterest.it/socimages/pointlessly-gendered-products/
(11) Srnicek, Nick. 2017. Platform capitalism.
(12) Morozov, Evgeny. 2014. To save everything, click here: the folly of technological solutionism. New York, NY: Public Affairs.

by Zoe Romano (WeMake). WeMake is the cluster lead for Health and Care in DSI4EU project.

Leggi l’articolo in inglese su Medium.

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